“Sartoris”

Intorno alla quercia, al di fuori della funerea scimitarra del viale in discesa, si stendeva, verso la strada, un prato con un bel tappeto interrotto da ciuffi sparsi di giunchiglie, di narcisi e di gladioli. Originariamente il prato era a terrazzi, e i fiori erano un’aiuola ben disegnata sul primo terrazzo. Poi Will Benbow, il padre di Horace e di Narcissa, le aveva spianate. Vi avevano passato l’aratro e l’erpice, e seminato nuovamente l’erba, credendo che l’aiuola fiorita fosse andata distrutta. Invece, la primavera successiva, i bulbi, sparsi avevano germinato di nuovo, e, da allora, ogni anno il prato si picchiettava disordinatamente di boccioli bianchi, gialli e rosa. Qualche ragazzina aveva chiesto, ed ottenuto, di coglierne in primavera, e i bambini dei vicini giocavano tranquillamente tra di essi e sotto ai cedri. In cima al viale, dove esso piegava per ridiscendere, sempre avvolta dall’odore fresco e leggermente aspro dei cedri, c’era la casa di bambola, in miniatura, nella quale Horace e Narcissa abitavano.

William Faulkner, Sartoris

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