“Malinconica villeggiatura”

Nel giardino delle Tuileries, stamani, il sole si è assopito via via su tutti gli scalini di pietra, come un giovinetto biondo il cui sonno lieve il passaggio di un’ombra subito interrompe. Contro il vecchio palazzo verdeggiano i nuovi germogli, i vaghi soffi del vento uniscono all’effluvio del passato il fresco dei lillà. Le statue, che nelle pubbliche piazze spaventano come immagini di follia, qui sognano tra i carpini, come dei savi sotto la luminosa verzura che ne protegge il candore. Le vasche, in fondo alle quali il cielo azzurro si accampa, splendono come sguardi. Dalla terrazza in riva all’acqua si vede, uscendo dall’antico quartiere del Quai d’Orsay, sull’altra riva e come in un altro secolo, un ussero che passa. I convolvoli traboccano in disordine dai vasi coronati di gerani; ardente di sole, l’eliotropio brucia i suoi effluvi. Davanti al Louvre si levano le malvarose, leggere come alberi di vascelli, nobili e gentili come colonne, rosate come fanciulle. Iridati dal sole e sospirosi d’amore, gli zampilli salgono verso il cielo. Sull’orlo della terrazza, un cavaliere marmoreo lanciato senza mutar di posto a uno sfrenato galoppo, con le labbra unite a una tromba gioiosa, incarna tutto l’ardore della Primavera.

Marcel Proust, Malinconica villeggiatura

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