“Il signor giardiniere”
La Quentine aveva ripreso con discrezione il suo posto in mezzo al giardino. Serbava il ricordo diffuso delle luci del Louvre, di tutti quei cortigiani muniti di maschere di cipria e di cartone; tutti quegli esseri confinati entro muri d’oro, di marmo o di malta, prigionieri del caos di un mondo senza meta e senza punti fermi; tutte quelle persone che aveva visto spingersi, scontrarsi a voce, a gesti e a sguardi ma mai incontrarsi. Lui non era mai solo: il suo giardino lo reclamava di continuo, sollecitava ogni suo gesto e ogni suo sguardo, ogni suo pensiero. Il minimo atto poteva avere conseguenze fauste o disastrose. Bisognava essere presenti, sempre, attenti ai capricci della natura esigente; accettare di perdere o di vincere con la stessa disinvoltura. Lentamente, la terra si modificava, e l’uomo con essa…
Frédéric Richaud, Il signor giardiniere
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