“Il signor giardiniere”
La Quentine aveva ripreso con discrezione il suo posto in mezzo al giardino. Serbava il ricordo diffuso delle luci del Louvre, di tutti quei cortigiani muniti di maschere di cipria e di cartone; tutti quegli esseri confinati entro muri d’oro, di marmo o di malta, prigionieri del caos di un mondo senza meta e senza punti fermi; tutte quelle persone che aveva visto spingersi, scontrarsi a voce, a gesti e a sguardi ma mai incontrarsi. Lui non era mai solo: il suo giardino lo reclamava di continuo, sollecitava ogni suo gesto e ogni suo sguardo, ogni suo pensiero. Il minimo atto poteva avere conseguenze fauste o disastrose. Bisognava essere presenti, sempre, attenti ai capricci della natura esigente; accettare di perdere o di vincere con la stessa disinvoltura. Lentamente, la terra si modificava, e l’uomo con essa…
Frédéric Richaud, Il signor giardiniere
“Giardini crudeli”
Quanto più era lussureggiante, tanto più il giardino di Matteo divenne, assai presto, campo di battaglia dove si intrecciavano strategie fatte di rapidi assalti, di vittorie clamorose e di sconfitte patetiche. Ogni pianta occupava e difendeva un suo spazio con gelosa intransigenza, non ammettendo intrusioni di altre, anche se della medesima specie e varietà.
Angiolo Bandinelli, Giardini crudeli
“Un’estate da sola”
Ieri mattina mi sono alzata alle tre e furtiva ho attraversato corridoi echeggianti e stanze oscure, fino alla porta sulla veranda, ne ho aperto con mani tremanti le serrature e sono uscita in un mondo meraviglioso, sconosciuto. Sono rimasta per qualche minuto immobile sui giardini, quasi spaventata dalla impressionante purezza della natura quando tutti i peccati e le brutture dormono rinchiuse altrove, e lì fuori non rimane altro che bellezza. Era piuttosto chiaro, una luna luminosa era sospesa nel grigio azzurro di un cielo senza nuvole; i fiori, tutti desti, saturavano l’aria di profumi, e un usignolo appollaiato su un carpino lì vicino, cinguettava rapito al giungere del sole.
Elizabeth von Arnim, Un’estate da sola
“Le affinità elettive”
Era arrivata la primavera, in ritardo ma anche più rapidamente e gioiosamente del solito. Ottilie trovava ora in giardino il frutto delle sue cure: tutto gemmava, verdeggiava e fioriva nel periodo giusto; tutto ciò che era stato ben preparato nelle serre e nelle aiuole si faceva ora incontro alla natura che interveniva finalmente dall’esterno, e tutto quel che c’era da fare e da provvedere non si riduceva più, come era avvenuto finora, a una fatica piena di speranze, ma divenne lieto godimento.
Johann W. Goethe, Le affinità elettive
“I dodici giardini”
L’unico diletto delle anime gentili è quello di sempre pascolare e dilettarsi nelle delizie di fragrantissimi giardini…
Caterina Vigri, I dodici giardini: l’esodo al femminile