Paesaggio e memoria

Il fatto che il giardino o il parco venga indicato come rimedio alle afflizioni della vita cittadina rivela nel tappeto verde il residuo di un antico sogno pastorale (…). Proprio perché i luoghi antichi vengono costantemente rivestiti di una patina di modernità (la foresta primordiale, per esempio, diventa “parco naturale”) è a volte difficile riconoscere alla radice l’antichità dei miti. Che però c’è lo stesso. (…) Riconoscere il fantasma di un paesaggio antico sotto il rivestimento superficiale del contemporaneo significa toccare con mano la sopravvivenza dei miti di base…

Simon Shama, Paesaggio e memoria

“Il giardino”

per Robert Penn Warren

Risplende un giardino / nel fogliame bianco del castagno, / sulle falde del cappello di mio padre / che passeggia sulla ghiaia. // Nel giardino sospeso nel tempo / mia madre è seduta su una sedia di sequoia; / la luce colma il cielo, / le pieghe della sua veste, / l’intrico di rose accanto a lei. // E quando mio padre si china / per sussurrarle all’orecchio, / quando si alzano per andarsene / e le rondini sfrecciano in picchiata / e la luna e le stelle / sono andate via insieme, alla deriva, risplende // Perfino mentre ti chini su questa pagina, / tardi e da solo, risplende, perfino adesso / nell’attimo prima che scompaia.

Mark Strand, Il giardino

“Ode alla giardiniera”

Sì, io sapevo che le tue mani erano / la violacciocca fiorita, il giglio / d’argento: / qualcosa avevi a che vedere / con la  terra, / con la fioritura della terra, / ma, / quando / ti vidi scavare, scavare, / togliere pietruzze / e maneggiar radici / seppi d’improvviso, / agricoltora mia, / che / non solo / le tue mani, / ma il tuo cuore / eran di terra, / che lì / stavi / facendo / cose tue, / toccando / porte / umide / per dove / circolano / i / semi. / Cosi, dunque, / dall’una all’altra / pianta / appena / piantata, / col volto / macchiato / da un bacio / del fango, / andavi / e ritornavi / fiorendo, / andavi / e dalla tua mano / il tallo / dell’alstremeria / elevò la sua eleganza solitaria, / il gelsomino / adornò / la nebbia della tua fronte / con stelle d’aroma e di rugiada. / Tutto / da te cresceva / penetrando / nella terra / e facendosi / immediata / luce verde, / fogliame e potenza. / Tu gli comunicavi / i tuoi semi, / amata mia, / giardiniera rossa. / La tua mano / scambiava il tu / con la terra / ed era istantanea / la chiara fioritura. / Amore, ugualmente / la tua mano / d’acqua, / il tuo cuore di terra, / diedero / fertilità / e forza alle mie canzoni. / Tocchi / il mio petto / mentre dormo / e gli alberi sbocciano / dal mio sonno. / Sveglio, apro gli occhi, / e hai piantato / dentro me / stelle stupite / che salgono / col mio canto. // È cosi, giardiniera. / Il nostro amore / è / terrestre: / la tua bocca è pianta di luce, corolla, / il mio cuore lavora nelle radici.

Pablo Neruda, Ode alla giardiniera

“Segui il tuo destino”

Segui il tuo destino, / annaffia le tue piante, / ama le tue rose. / Il resto è l’ombra di alberi estranei. // La realtà / sempre è di più o di meno / di quello che vogliamo. / Solo noi siamo sempre / uguali a noi stessi. //  Dolce è vivere solo. / Grande e nobile è sempre / semplicemente vivere. / Lascia il dolore sulle are / come ex voto agli dei. // Guarda da lontano la vita, / senza mai interrogarla. / Essa niente può dirti. / La risposta sta al di là degli dei. //  Ma serenamente / imita l’Olimpo / dentro il tuo cuore. / Gli dèi sono dèi / perché non si pensano.

Ricardo Reis (Fernando Pessoa), Segui il tuo destino

“C’è un altro cielo”

C’è un altro cielo, / sempre sereno e bello, / e c’è un’altra luce del sole, / sebbene sia buio là; / non badare alle foreste disseccate, Austin, / non badare ai campi silenziosi / qui è la piccola foresta / la cui foglia è sempre verde / qui è un giardino più luminoso / dove il gelo non è mai stato, / tra i suoi fiori mai appassiti / odo la luminosa ape ronzare, / ti prego, fratello mio, / vieni nel mio giardino!

Emily Dickinson